Apprendimento e formazione dell’adulto.
Knowles (1994) affermava: “via via che una persona diventa adulta il suo bisogno e la sua capacità di autoguidarsi, di utilizzare la propria esperienza nell’apprendimento, di valutare la propria disponibilità ad apprendere, e di organizzare il proprio apprendimento attorno ai problemi della vita reale, crescono con regolarità dall’infanzia sino alla preadolescenza, per poi aumentare rapidamente durante l’adolescenza”. In ogni percorso formativo inoltre le differenze individuali vanno salvaguardate e valorizzate. Per l’apprendimento degli adulti diviene centrale apprendere attraverso l’azione. L’acquisizione di alcune abilità deve essere promossa fin dalla più tenera età: la capacità di risolvere problemi è stimolata, nello sviluppo, dall’esercizio continuo nei giochi a incastro, alla risoluzione di problemi concreti, fino a giungere alle esercitazioni di problem solving, dove il ruolo dell’emozione nel processo di apprendimento si rivela sempre centrale.
La formazione psicoanalitica
L’assunto di base che fa da sfondo a questa proposta consiste nell’inquadrare l’apprendimento come funzione non solo cognitiva, ma affettivo-emotiva che, in quanto tale, si esplica al di dentro di un complesso di relazioni che sono quelle con l’insegnante-formatore, con il gruppo dei colleghi e con le relazioni parentali interiorizzate. L’apprendimento in quanto processo ha, quindi, le sue radici nella storia affettiva di ognuno e nella dinamica interpersonale.
Perciò l’obiettivo di questo tipo di formazione non è di trasmettere nozioni e concetti accademici, quanto piuttosto comprendere e apprendere attraverso l’esperienza rielaborandola all’interno di uno spazio specifico formativo.
I temi
Generalmente i temi da trattare vengono scelti insieme agli operatori affinché il punto di partenza della formazione offerta nasca dall’esigenza e dai bisogni dell’educatore. In un corso tenuto quest’anno per gli assistenti educativi scolastici di Saluzzo ad esempio, gli educatori stessi hanno fornito gli argomenti da trattare:
- “I genitori del disabile, con particolare attenzione al rapporto madre-bambino”.
- “I disturbi del comportamento: il vissuto del bambino nei confronti dell’adulto e la gestione delle regole da parte dell’adulto anche all’interno del contesto scolastico”.
- “Le difficoltà di apprendimento, in particolare la dislessia”.
- “Impariamo a giocare con le regole e cos’è la psicomotricità. Cenni sull’interpretazione del tratto grafico e i disegni dei bambini”.
- “La relazione tra operatori e genitori”.
- “L’autismo: cosa possiamo fare a partire dalla sua comprensione”.
- “Teorie e tecniche di comunicazione, orientate alla risoluzione di problemi e alla cooperazione; teorie di gestione dei gruppi e leadership”.
- “La sindrome di Down, aspetti cognitivi e affettivi”.
La modalità della formazione attiva
Il processo circolare che caratterizza l’apprendimento negli adulti prevede la trasformazione dell’esperienza in concetti che saranno utilizzati come guida per le nuove esperienze lavorative. L’apprendimento si sviluppa in 4 fasi, che richiedono omonime abilità:
- esperienza concreta
- osservazione riflessiva
- concettualizzazione astratta
- sperimentazione attiva, in un processo di sviluppo circolare
L’operatore “analizza stando fuori”, con l’aiuto di un esperto, il proprio intervento; impara cioè ad apprendere dall’esperienza (e non direttamente dal supervisore) attuando collegamenti tra il fare e il pensare a fare.
Ad ogni incontro con gli educatori si lavora prima sulle conoscenze pregresse di ogni persona, in modo da agganciare gli argomenti da trattare ad una base conoscitiva già acquisita e di aumentare la consapevolezza degli stereotipi presenti nella mente che a volte inficiano la conoscenza reale e competente di un argomento (es. spesso la mancanza di attenzione di un bambino o ragazzino viene diagnosticata umanamente come “pigrizia”, quando invece si sa che lo stesso comportamento potrebbe essere causato da una difficoltà cognitiva e/o affettiva). Le idee e le parole vengono annotate su una lavagna.
Dopo la raccolta delle idee e conoscenze degli educatori su di uno specifico argomento si fa un quarto d’ora di pausa.
Nella seconda parte dell’incontro si riprende ciò che si è raccolto sulla lavagna, idee, suggestioni, pensieri, ovvero le conoscenze pregresse di ognuno (l’ordito). Su questo si traccia un trama conoscitiva (spiegazione di quella patologia e metodi per poterla affrontare. Riprendendo dall’esempio precedente: la distrazione di quel bambino è causata da una forma di “psicosi bianca”, quindi con l’aiuto del formatore esperto si cercherà di comprendere:
– che cosa è la psicosi bianca
– i vissuti del bambino
– come affrontare il comportamento di quel bambino
– i vissuti dell’operatore
Gli obiettivi
L’obiettivo generale è migliorare l’intervento professionale dell’operatore che si trova a dover affrontare spesso, hic et nunc, situazioni complesse e problematiche che gestirebbe, in prima battuta, più istintivamente che in modo ragionato e consapevole. Un buon percorso formativo ha notevoli effetti positivi:
- Prevenire il fenomeno del burn-out o se è in atto risolverlo
- Innescare processi di cambiamento nell’abitudine lavorativa
- Sbloccare situazioni d’impasse o di crisi
- Rafforzare l’identità professionale, imparare a leggere e gestire la complessità del lavoro sociale, ad agire meglio in gruppo
- Migliorare l’integrazione tra operatore ed ente/organizzazione che diviene cornice di riferimento dell’operare
Accanto ad un percorso formativo generalmente si struttura, durante il corso dell’anno, un percorso di Supervisione che, a differenza della formazione può essere pensata come uno spazio e un tempo di sospensione dove ritrovare, attraverso una riflessione guidata da un esperto, una distanza equilibrata dal fare, dove analizzare sia la dimensione emotiva sia la dimensione metodologica dell’azione professionale, per ricollocare l’intervento in una dimensione corretta, con spirito critico e di ricerca. Significa, in ultima analisi, costruire un contesto che permetta la rielaborazione dell’azione professionale sul piano tecnico ed emotivo, e sottende la disposizione a imparare a pensare. Come diceva Bion (1972) per imparare a pensare è necessario entrare in una situazione di crisi; la crisi provoca un disagio, sia nell’azione sia nel pensiero, che l’operatore sente di dover risolvere. E’ all’interno del contesto di supervisione che la persona può rielaborare vissuti emotivi e affettivi che altrimenti rimarrebbero inesplorati e irrisolti.
Frequenza
E’ prevista la formazione di un gruppo di massimo 15-20 persone/operatori accomunati dallo stesso ruolo professionale, ad esempio gruppo di educatori, o gruppo di O.S.S., o infermieri (gruppo omogeneo) o assistenti educativi scolastici ecc., oppure da figure professionali diverse (gruppo eterogeneo).
– La cadenza potrebbe essere di una volta ogni 15 giorni, anche se idealmente una frequenza di una volta a settimana sarebbe auspicabile visto che l’allenamento al pensiero richiede una certa costanza. Solo così possono essere raggiunti migliori risultati. Non c’è una scadenza di tempo, nel senso che l’attività di supervisione può estendersi nel corso di un anno, ma può essere attivata anche per gli anni successivi.
- Ogni incontro ha una durata di circa 2,5 ore, ritagliando lo spazio o all’interno del turno lavorativo o fuori dall’orario (ciò viene stabilito insieme all’organizzazione/ente/cooperativa committente).
- Incontri individuali su richiesta